Intervista a Sébastien Oliveau (traduzione)

Direttore dell'osservatorio demografico DemoMed

Docente presso l'Università Aix-Marseille

 

Geografo/Demografo

Qual è il futuro della "diagonale del vuoto"?

Le tendenze mostrano che i villaggi colpiti dallo spopolamento continuano a chiudersi su loro stessi e che la situazione è destinata a peggiorare in numerose località. Inoltre, in Francia, occorre fare distinzione tra il concetto di rurale in generale e il rurale "profondo" o "remoto"; caratteristica di quella zona che chiamiamo "diagonale del vuoto". Nella diagonale del vuoto il rurale tende a non ripopolarsi, in questo modo la crisi continua; non si registrano segni di un possibile ripopolamento. A dire il vero, non si tratta più di una crisi, ci troviamo in una dinamica continua. Gli ultimi dati che abbiamo potuto analizzare mostrano sempre la stessa tendenza, cioè, ogni volta che li aggiorniamo, ci rendiamo conto che il fenomeno continua e che le cause sono la mancanza di migrazione giovane e il tasso di natalità quasi nullo.


La diagonale del vuoto è legata principalmente al saldo naturale o al saldo migratorio?

Dobbiamo tenere in considerazione entrambi i fattori: da un lato la dinamica naturale, ovvero la limitata presenza dei giovani nelle zone interessate che sono la causa dell'impossibilità di registrare un incremento del tasso di natalità, dall'altro le migrazioni, che potrebbero compensare il basso tasso di natalità, ma che a loro volta sono caratterizzate da popolazioni piuttosto anziane. In parole povere, se i migranti superano i 50 anni difficilmente aumenteranno il tasso di natalità. Sicuramente si registrerà un ripopolamento della zona, ma tutto questo sarà temporaneo (20-30 anni) perché più tardi incrementeranno i decessi. 


Possiamo affermare che lo spopolamento sia condizionato dalla mancanza dei servizi e delle aziende?  Se così fosse, le zone di rivitalizzazione rurale potrebbero essere la soluzione?

Le dinamiche che osserviamo oggi riguardano il fenomeno di centralizzazione della popolazione nell'agglomerato urbano. Più dettagliatamente, considerando l'urbano in senso lato, ci accorgiamo che le persone che si trasferiscono in città non si muovono verso i centri urbani, ma piuttosto verso la periferia di essi, il che significa che le campagne adiacenti sono particolarmente popolate. Il processo avviene in modo piuttosto rapido, mentre in centro città le dinamiche demografiche risultano opposte. Si parla di corona urbana o diffusione urbana. Analizzando le cifre, nel complesso la campagna francese si sta comportando bene in termini demografici, ma solo quando si trova vicina alle città. Ovviamente, questo significa che esiste una dinamica di centralizzazione legata in particolare alla presenza di servizi e attività. È ovvio che nelle zone rurali, dove i servizi pubblici sono in declino e l'attività economica non è sufficiente, non sarà possibile migliorare le cose. Il semplice inserimento di servizi sarebbe sufficiente per dare impulso alle campagne? Non è facile dirlo. Ma l'altra domanda: possiamo davvero rilanciare l'attività economica attraverso scelte politiche? Non è chiaro neanche questo.


Qual è il ruolo dei servizi pubblici in queste aree geografiche?

Questo è il problema principale: non appena la popolazione diminuisce in termini di rendimento si inizieranno a chiudere i servizi pubblici, quindi a chiudere prima una classe se non ci sono abbastanza studenti, poi chiuderemo la scuola intera e lo stesso vale per gli ospedali. Tutto ciò fa nascere un problema: chiudendo una scuola si allontaneranno i giovani attivi perché non potranno garantire un'istruzione ai loro figli. Se non si cerca di attirare giovani attivi, non avremo più figli e se non avremo più figli, avremo meno bisogno di questi servizi. Siamo di fronte ad un circolo vizioso e non è chiaro ancora come potremmo invertire la tendenza, ma sicuramente non è a livello politico che ci dobbiamo aspettare questo tipo di iniziative. Inoltre, non va dimenticato che queste campagne, pur occupando grandi aree, sono minormente popolate e hanno perciò un peso politico marginale. 


Si può pensare che la differenza di tasso di natalità tra i due paesi sia frutto della mancanza di agevolazioni fiscali e aiuti alla famiglia in Italia?

Se si parla di bonus famiglia risulterebbe, secondo alcuni studi comparativi europei, che non sia la causa principale ma che comunque esista una specificità francese, cioè la presa in carico del bambino fin dai primi anni di vita da parte della società. Alla nascita di un bambino, molto rapidamente la società francese si prende cura del neonato mettendo a disposizione asili nido e assistenza finanziaria, obbligatoria a partire dall'età di tre anni. In altre parole, quando si ha un figlio, velocemente si può tornare al lavoro e perciò nel caso della Francia, anche se il bambino rappresenta in qualche modo un "peso economico" per la famiglia, esso incide in modo minore rispetto a molti altri paesi altrettanto ricchi, esenti da particolari preoccupazioni economiche come la Germania o i paesi del Nord Europa. Possiamo affermare che quest'aspetto dell'assistenza sociale ai bambini è una caratteristica francese che l'Italia non ha. Un altro fattore importante è che oggi in Italia la crisi economica è più profonda rispetto alla Francia e porta problemi economici ed abitativi, il che significa che le coppie giovani convivono più tardi che in Francia, e dato che il primo figlio è molto legato alla convivenza, questo elemento rappresenta senza dubbio un freno. È chiaro che questi problemi di nascita non sono legati a questioni di assistenza finanziaria diretta, ma piuttosto a un sistema di assistenza più globale in cui abbiamo la presa in carico da parte della società, ma anche, molto semplicemente, la possibilità di formare una coppia e di avere figli relativamente presto. I cambiamenti necessari per aumentare il tasso di natalità sono molto più ampi del semplice finanziamento degli assegni familiari o bonus famiglia. 


L'alto tasso di natalità francese può essere legato alle migrazioni?

La Francia è sempre stata un paese di immigrazione e non ha lo stesso rapporto con la migrazione dell'Italia. La Francia è anche un paese di fortissima integrazione e sappiamo che i discendenti dei migranti, la cosiddetta seconda generazione, che diventano francesi, adottano ugualmente tutte le pratiche francesi in termini di tasso di natalità. Secondo gli studi demografici, in Francia il rapporto tra migrazione e natalità è ancora molto, molto marginale.